Non si vive di solo cibo ed allora… Immagina birrette fresche, tante birrette fresche. Ora immagina che siano preparate in continuazione in baretti agli angoli di trafficate strade, dove all’ora dell’aperitivo decine di persone si accalcano per concludere la loro giornata bevendo qualche media e facendo un po’ di pr. Immagina di conoscere casualmente un giovane famoso regista romano e di trascorrerci una serata insieme raccontandosi e perdendo il conto delle birre bevute e delle ore trascorse ad ascoltare aneddoti sulle riprese del suo ultimo film. Ed infine immagina se tutto ciò invece di accadere nel centro della tua città, accadesse ad Hanoi, capitale vietnamita, dove il traffico è costituito solo dalle migliaia di motorini che sfrecciano senza regole, gli aperitivi non si sa nemmeno cosa siano, i bevitori hanno occhi a mandorla e quasi tutti origini cinesi, ma soprattutto ogni birra costa meno di 30 centesimi di euro. Ecco ora puoi capire perché amerai di certo questa città… Bia Hoi è la parola magica che dovrai ricordare per il tuo prossimo viaggio da queste parti. Questo, infatti, è il nome della pilsen più celebre del Vietnam, prodotta artigianalmente e completamente priva di conservanti. Questo vuol dire che viene consegnata quotidianamente ai bar (se così possiamo chiamarli…) in grosse cisterne, che i clienti saranno ben felici di dover per forza svuotare entro la fine della giornata. L’assenza di controlli igienici su come la birra sia prodotta ed il fatto che venga spillata attraverso una sorta di canna dell’acqua in bicchieri che vengono “lavati” semplicemente immergendoli rapidamente in secchi pieni di liquido dal colore discutibile, rende il tutto un po’ più bello. Insomma una sorta di equivalente della birra dello street food, quello vero: origine incerta, igiene scarsa, ma soddisfazione molta! Prendersi una sbornia con questa street beer, con i suoi circa 3 gradi alcolici, non è semplicissimo, ma la facilità con cui si gusta e la scioltezza con cui scende compensa la scarsità di alcol e fa si che al piacere del bere questa bionda, si aggiunga lo spettacolo regalato dai locali alticci che brindano urlando e stando seduti su piccoli sgabelli in plastica chiaramente per bambini. Altra peculiarità di questi birrifici di strada sono, infatti, i coloratissimi e bassissimi sgabellini su cui sedersi per bere. O almeno tentare di sedersi, perché pur essendo scomodissimi non puoi stare in piedi. E questo perché sei praticamente stremato dalla giornata trascorsa nel caldo torrido per le strette vie dell’Old Quarter, senza una meta precisa ma perdendoti ad osservare la vita frenetica di venditori ambulanti, piccoli negozi di giochi in plastica, botteghe di artigiani, fashion store tarocchissimi e stamperie che riproducono le vecchie grafiche della propaganda anti americana. La guerra del Vietnam sembra così lontana, ma la vittoria del Nord (che proprio in Hanoi aveva la sua capitale) ha di certo dettato le sorti di tutto il paese, dove da allora è presente unicamente il Partito Comunista che governa e detta le linee dello sviluppo socio-culturale in maniera molto simile alle modalità del ben più noto governo cinese. Tracce del tragico passato del paese si ritrovano ad esempio all’ “Hanoi Hilton”, soprannome con cui i soldati americani chiamavano la prigione Hoa Lo dove erano rinchiusi. Ad esempio in una delle sue lugubri celle trascorse sei anni John McCain, excandidato alla Casa Bianca, dopo che il suo aereo fu abbattuto dalle forze nordiste. Costruita dai francesi nel periodo coloniale per rinchiudere e ghigliottinare i rivoluzionari vietnamiti, fu poi utilizzata dai vietnamiti stessi per “ospitare” i giovani soldati americani qui spediti per combattere a sostegno del Vietnam del Sud. La visita sarà anche un pugno nello stomaco ma aiuta a comprendere come in ogni guerra vi siano, chiaramente, due punti di vista diversi ma soprattutto due modi totalmente differenti di raccontarla ai posteriori. Ancora oggi la propaganda vietnamita, seppur meno vigorosa che nel periodo bellico, continua a dare una lettura poco positiva dell’America, degli americani e soprattutto del loro intervento “imperialista e da invasori” degli anni che furono. Insomma i decenni trascorsi e la forza del capitalismo occidentale, che di fatto ha conquistato anche qui ciò che le armi non erano riuscite a controllare, non hanno intaccato la forza del pensiero unico che il governo tutt'oggi esige. Ecco che ad esempio Facebook qui non esiste ed ecco che nelle scuole si studia sì filosofia, ma solo attraverso gli scritti di Ho Chi Minh, il grande rivoluzionario socialista, statista e presidente del Vietnam. Propaganda o no, qui la vita continua imperterrita in giornate caratterizzate da una frenesia simile a quella visibile nei formicai. L’unico luogo di quiete della città pare essere il piccolo manto verde che circonda il laghetto in pieno centro città. Anche se non esisteva ancora la Bia Hoi con i suoi effetti alcolici sulle persone, gli antenati hanno tramandato di aver visto scomparire in questo lago una grande tartaruga tenendo con sé la spada magica con la quale Ly Thai To scacciò i cinesi nel XV secolo. A sud di questo specchio d’acqua si sviluppa il quartiere francese, che di suggestivo possiede ormai solo il nome, che evoca il passato coloniale di questo paese. Attorno ad un altro lago, più a nord e di dimensioni maggiori, si è invece sviluppata in questi ultimi anni l’area più moderna della città. Qui espatriati europei e statunitensi vivono in ricchi condomini una vita parallela fatta di enoteche francesi, feste in ambasciate, cene in raffinati ristoranti indiani e lezioni di tennis tenute nei campi alla base dei grattacieli residenziali. Se non avete un amico qui residente da incontrare e con cui vivere la città più da abitante che da turista, non c’è motivo di spingersi fino a questo quartiere, meglio rimanere allora dalle parti del Quartiere Vecchio, con i suoi odori, gli stretti edifici accalcati uno accanto all’altro e soprattutto i piccoli bar che servono la Bia Hoi. Ed ecco che ogni giorno ad Hanoi alla fine ci si ritrova seduti quasi per terra, spalla a spalla con non molto freschi commercianti cinesi, in un caldo soffocante ed avvolti dal suono perpetuo dei clacson degli scooter, suonati di default a distanza di pochi secondi da ciascun rider. Ed intanto le birre scendono… terzo, quarto, quinto bicchiere ed hai speso poco meno di un’euro e mezzo.
E gli happy hour sui Navigli milanesi non ti mancheranno per niente.
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DavideArchitetto per caso, viaggiatore per scelta. Fotografo a tempo perso e buona forchetta a tempo pieno Archives
July 2018
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