Le distanze.
C'è qualcosa nella distanza che ti rende migliore, ti fa apprezzare quello che diamo per scontato e ti apre la mente verso ragionamenti che sennò sarebbero evitati. Avendo vissuto all'Estero anche io ho sperimentato come Ulisse la mancanza della mia terra (che poi boy, 10 anni per fare l'equivalente di Brindisi-Corfù... secondo me Penelope non era tutto sto gran partito), da un po' volevo fare una chiacchierata con Riccardo Moscone, un amico di vecchia data, nonché ristoratore sopraffino, che dopo una grande esperienza estera è tornato a Pescara per aprire il suo primo ristorante Paneolio. Visto che abbiamo parlato, manco fossimo due 14enni che si mandano note vocali su What's App da 3 minuti l'una, bando alle ciance ed ecco la mia intervista ad Aur-Ops! Riccardo...
La primissima domanda che voglio farti, credo che sia qualcosa che un po’ tutti si sono chiesti… Perché Paneolio? Perché non Pane e Olio o Pane-Olio?
Pane e odio! *Ride* Tutto attaccato per una questione di branding. Il pane e l’olio sono delle cose semplici, ma se di qualità, con un pane fatto con criterio e un olio prodotto con procedure corrette il risultato finale è qualcosa di eccezionale. La parola unica richiama qualcosa di più moderno, rispetto a quello che c’è già in giro. E quanto sbaglia la gente ancora? Un botto! Ma anche i fornitori ogni tanto! *Ride* Come sei arrivato ad aprire un ristorante? Aprire un ristorante è un qualcosa di strano: bisogna buttarsi nella decisione e mentre lo stai aprendo non pensarci, concentrarsi solo su quello che stai facendo. Io ho aperto che avevo 25 anni, quindi non potevo farmi prendere dalla sensazione che mi stavo mettendo in qualcosa molto più grande di me. Questo naturalmente vale per chi come me, parte da zero, senza le cosiddette “spalle coperte”. Naturalmente poi ci vuole passione per il settore, che sia interesse per il vino, per il cibo, per i prodotti della regione, per quello che hai attorno. Sono stati i tuoi studi a portarti a questa decisione? In effetti ho fatto l’alberghiero, perché volevo fare lo chef da piccolo. Alla prima stagione in cucina ho capito che non era il mio lavoro! Ho pensato: voi siete pazzi! *ride* Io ho bisogno di stare con le persone, a contatto la gente ed ho capito che mi piaceva il settore, ma non lavorare in cucina. Poi all'università ho studiato comunicazione e marketing. Ho sempre fatto lavori diversi da questo, ma la vita mi ci ha riportato. Quando sono andato a Toronto la mia idea era quella di aprire uno store di prodotti italiani, poi per problemi di fondi non si è potuto realizzare. Quando sono tornato ho trovato subito lavoro in una azienda qui, ma tra le mani mi è capitata la possibilità di avere dei fondi europei ed ho colto subito l’occasione: ho 25 anni, mi butto.
Toronto. The 6. Tu hai vissuto lì per un po’. Cosa ti ha dato questa esperienza nella terra di Drake?
Mi è servita molto. Ho avuto modo di lavorare anche nella camera di commercio, dove tra l’altro ho incontrato un’amica di Pescara che anche lei era impiegata lì, forse la conosci, l’ex proprietaria di Club Zone (club old school di Pescara, teatro di alcune delle prime serate rap della zona .ndr) Uno dei progetti a cui ho lavorato trattava il valore aggiunto del Made in Italy, quindi tutti quei prodotti che all’estero vengo apprezzati e diventano sintomo di qualità, mentre qui da noi vengono messi in secondo piano. All’estero chi sfrutta questo valore, poi ha un ritorno non indifferente. Poi quando sono tornato mi dicevo: com’è possibile che qui non ci rendiamo conto di quello che abbiamo? Perché dall’altra parte dell’oceano le aziende italiane hanno così tanto valore mentre qui non gli diamo valore? In Abruzzo abbiamo un ecosistema e una varietà di prodotti gigantesca, quindi ho deciso di puntare tutto su questo. Questa esperienza quindi è stata rivelatrice per aprire questo locale. Si, infatti come vedi ho deciso di partire da qui in piccolo! *Ride* Ho pagato lo scotto, siamo partiti piano, trovando dei compromessi a livello di design e attrezzature. Mi sarebbe piaciuto aprire con tutto al top, ma non è stato possibile. Quindi avete fatto l’inverso rispetto a chi ora apre un ristorante. Arredo minimal ma la qualità del prodotto non si discute, rispetto a molti ristoranti che preferiscono puntare sull’interior design e risparmiare sul cibo. La chiave è quella. Tanti locali, con uno spirito che non condanno assolutamente, adesso puntano sull’impatto visivo, la location e un pochino meno sulla qualità del personale e sulla qualità del prodotto finale. Quello che ci ha aiutato all’inizio qui è il contrario, puntare tutto sulla qualità del servizio e sulla qualità del prodotto. Ora dopo 3 anni mi sento di dire che il locale è pronto. Un’altra cosa che per me è fondamentale è il servizio. Quando vado in un posto che non è il massimo dell’estetica, ma il servizio è impeccabile e il cibo è di qualità, sono comunque più invogliato a tornare.
Prima hai menzionato l’Hip Hop… vogliamo dire a chi legge perché ci conosciamo io e te?
La musica unisce! *Ride* In questo caso l’Hip Hop. Tra le varie serate e Jam ci si incontrava, tra me che rappavo e te che ballavi. Una domanda un po’ strana, ma che vorrei fare a tutte le persone che ho conosciuto tramite questa cultura: secondo te, l’Hip Hop ti ha aiutato in questa esperienza da ristoratore? Guarda, sembra una cazzata enorme, ma un aspetto, che tra l’altro ho visto si è perso completamente adesso, l’unità e la parte sociale che c’era qualche anno fa nella comunità hip hop che c’era qui e in tutta Italia, ti aiuta. Ti approcci con una mentalità più aperta e in maniera diversa. Anche il background di interessi diversi mi ha aiutato, ad esempio la musica che mettiamo la sera viene da quel mondo: jazz, funk, soul ecc. La playlist è anche pubblica su spotify!
Se tu ci pensi la creazione di un beat è un po’ come creare un piatto: campioni qui e là fino a creare un qualcosa di nuovo e innovativo. Solo da una parte hai delle canzoni funk e dall’altra hai gli ingredienti e materie prime.
Eh sì è un binomio che funziona. Questa particolare capacità di prendere qui e là, ti permette anche di dare valore al bello, l’armonia delle cose che siano colori, forme e anche nei piatti che ad esempio creiamo qui. Anche la tua esperienza con il Rap, deve averti aiutato, soprattutto con il rapporto con il cliente. Qui come nel Rap le parole sono fondamentali. Quando si presenta un piatto, le parole sono importantissime per la completa comprensione di quello che si sta per mangiare. O pensa al mondo del vino! Le parole sono tutto.
Dopo questa stupenda parentesi sul viale dei ricordi, voglio chiederti… Perché tornare a Pescara?
LA domanda! *Ride* Per tantissimi motivi. A Toronto stavo bene, ma secondo me, l’Italia ti segna, se te ne vai troppo tardi ti segna. Volevo una città a misura di persona, ad esempio la mia città limite per grandezza è Bologna. Sono tornato in Italia per stare a Pescara, non tornare e spostarmi in qualche grande città. Poi, ogni tanto mi prendono per pazzo, ma l’Abruzzo in generale è stupendo, ci sono le frasi fatte che abbiamo il mare e la montagna, ma è la verità! Sembra un discorso dozzinale ma abbiamo molte cose da fare e la qualità della vita non è male. Io non andrei mai a vivere a Londra per stare in 10 in una stanza a 600£ al mese. Quindi è proprio un approccio mio personale, l’obbiettivo è quello di poter bilanciare la vita personale e quella lavorativa. L’amore per questa terra lo si ritrova anche nei tuoi piatti. Si, infatti lavoriamo molto con produttori locali, dai quali andiamo per conoscere l’azienda in sé per sé e controlliamo i metodi produttivi. Siamo molto virtuosi per quanto riguarda il km 0, ma ci piace anche riuscire ad offrire al cliente piatti e prodotti che normalmente non potrebbe degustare.
Ultima domanda e ti lascio tornare alla cucina: cosa riserba il futuro per Paneolio e per quanto riguarda i tuoi progetti personali?
*Qui Riccardo fa il vago, facendomi promettere di non dire niente di quello che mi ha detto. Ovviamente ora vi scrivo tutto quello che mi ha raccontato* Beh allora, abbiamo intenzione di ***** ***** ********* ***** ***** **** *** ****** e poi in mezzo alla settimana facciamo ***** ***** ***** ** *** **** *** *** *** ******** ** **. Ho anche questa cosa che ***** ***** ** **** *** *** **. Wow ma è una bomba! Non vedo l’ora di provare tutto! Un ringraziamento speciale a tutta la squadra di Paneolio, che ha sopportato la mia invadenza mentre facevo foto e annoiavo tutti con battute su Liberato, durante il proprio orario di lavoro!
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BlushuGastronome con la passione per il BBQ, gli Anni 90 e il Whisky che si produce nelle verdi terre Scozzesi Archives
March 2019
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